San Leo
Prsaro e Urbino
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La fortezza
Giuseppe Balsamo Conte di Cagliostro
L'Inquisizione, le streghe e le torture
Storia
Su un'imponente rupe con pareti a strapiombo sorge la città di San Leo, i cui primi abitanti furono gli Umbro-Sabelli, i Galli e i Romani. L'antico nome di Montefeltro deriva dal masso roccioso, il Mons feretri dove, secondo la tradizione, sorgeva un tempio dedicato a Giove Feretrio.
Pur non essendo in possesso di fonti in grado di attestare l'anno in cui i Romani giunsero in questo luogo, possiamo affermare che, fin dal III secolo, essi vi costruirono una fortificazione.
Sul finire del III secolo, giunse nel Montefeltro, dalla Dalmazia, San Leone al quale si deve la diffusione del cristianesimo che si propagò rapidamente in tutta la regione circostante, fino alla creazione della Diocesi di Montefeltro (l'antico nome di San Leo). Leone è considerato, per tradizione, il primo vescovo di Montefeltro, anche se l'istituzione ufficiale della Diocesi è avvenuta nell'826. Da quel momento, con la denominazione di Montefeltro si indicò non solo la fortezza-capoluogo, ma anche l'intera regione ecclesiastica che comprendeva la valle del Marecchia e quelle limitrofe del Foglia e del Savio.
La morte di Leone è fatta risalire al 360 (il 1° agosto se ne celebra l'anniversario). Il suo corpo venne deposto in un sarcofago di pietra di cui si conserva, nel Duomo, il coperchio. Altra testimonianza della sua permanenza sul masso leontino è il sacello, luogo di preghiera, su cui sorse la Pieve.
Nel VI secolo San Leo divenne un borgo civilmente organizzato: Procopio di Cesarea annota la città fra le roccheforti della regione.
Nel 538 Vitige, re dei Goti, vi collocò un presidio di cinquecento uomini ma, battuto da Belisario, fu costretto a cedere ai Bizantini. A distanza di pochi anni, l'intera regione fu occupata dai Longobardi cui la sottrasse Pipino, re dei Franchi, che in seguito la donò alla Chiesa.
Documentata è a San Leo, nel IX secolo, la presenza del Duca Orso, capo della Pentapoli montana; egli donò alla Pieve il famoso ciborio e favorì l'espandersi della Diocesi. Il Duca Orso fu presente il 20 febbraio 885, al Placito feretrano, la sentenza emessa da scabini e dativi sui diritti di proprietà terriera che il vescovo di Rimini vantava sul monastero di San Marino. Il Placito feretrano è il documento più antico conservato nell'archivio governativo della Repubblica di San Marino.
Nella inespugnabile fortezza di San Leo cercò riparo nel 961 Berengario II, re del Regno Italico, battuto a Pavia da Ottone I di Germania. L'assedio, durato alcuni mesi, diede prova della straordinaria funzione difensiva ricoperta dalla piccola città. Egli cedette ad Ottone nel dicembre del 963; prima imprigionato, con la moglie Willa, nella fortezza, fu poi trasportato a Bamberga, dove morì dopo due anni. Ottone I restituì alla Chiesa San Leo, dopo avervi soggiornato e dopo aver rilasciato diplomi "In monte Feretrano ad Sanctum Leonem" oppure "In monte Feretri ad petram Sancti Leonis", sicchè può dirsi che San Leo fu, in quel tempo, la più piccola e certamente l'ultima capitale del Regno Italico.
Dall'anno mille, in omaggio al Santo patrono Leone, la città fu denominata San Leo. L'antico nome, Montefeltro, indicò la diocesi e verrà poi assunto per cognome da un componente della famiglia destinata a divenire dei Montefeltro.
Nel 1014 l'imperatore tedesco Enrico II tentò di traslare a Spira, in Germania, il corpo di San Leone. La tradizione racconta che i cavalli che trainavano il carro, giunti a Voghenza nei pressi di Ferrara, si imbizzarrirono, costringendo Enrico II a lasciare il corpo del Santo in quel luogo, che prese il nome di San Leo di Voghenza. Rivestita la corona imperiale da Federico I di Svevia, il Montefeltro divenne feudo del conte Antonio di Carpegna del ramo di Montecopiolo. I signori di Montecopiolo furono, quindi, conti di Montefeltro e successivamente anche conti (1226) e duchi (1443) di Urbino.
Il primo conte di Montefeltro, di cui si hanno notizie certe, è Montefeltrano (1135-1202), insigne figura politica e militare, che estese il proprio dominio ai comitati di Urbino, Pesaro e Rimini. Degna di nota è anche l'opera di Montefeltrano II (1195-1253). Ai festeggiamenti per l'investitura a cavaliere di costui partecipò anche San Francesco d'Assisi, di passaggio nel Montefeltro durante uno dei suoi viaggi. Era l'8 maggio del 1213.
In questa occasione, egli tenne una predica sui versi di una canzone amorosa del tempo: "tanto è il bene che io m'aspetto che ogni pena m'è diletto". Il Conte Orlando de'Cattani, Signore di Rocca di Chiusi nel Casentino rimase talmente impressionato dalle ferventi parole del Santo da donargli il monte della Verna, dove Francesco ricevette le Sacre Stimmate. La donazione fu redatta il 2 luglio 1274 dai figli del Conte Orlando, per rendere legale l'offerta. L'incontro tra il Santo e il suo benefattore avvenne in una stanza del Palazzo dei Conti Nardini, oggi adibita a cappella, con soffitto a cassettoni lignei; sull'altare, una tela di Ciro Pavisa illustra il Miracolo delle stimmate.
Il Palazzo dei Conti Nardini caratterizza la piazza centrale di San Leo. Si ritiene che il nucleo originario dell'edificio sia di origine duecentesca, ampliato e trasformato nelle epoche successive sino a conformarsi nell'attuale aspetto tardo rinascimentale, severo e senza ornati fatta eccezione per i quattro portali a tutto sesto, contornati da una ghiera lapidea a bugnato, secondo l'uso del luogo esemplato sul prototipo del Palazzo Mediceo.
San Francesco fondò, inoltre, nel 1213, a due chilometri dal nucleo urbano, il convento di Sant'Igne, nel luogo in cui aveva passato la notte tra il 7 e l'8 maggio. Esso si compone di un elegante chiostro duecentesco retto da colonnine esagonali e di una chiesa trecentesca.
Nel 1226 Federico II di Svevia donò a Bonconte e Taddeo di Montefeltro la Contea di Urbino, dove si trasferirono nel 1234.
Con il trasferimento dei Montefeltro ad Urbino, la Contea di San Leo si diede una forma amministrativa autonoma, con l'istituzione della Provincia Feretrana di cui la città fu capoluogo fino al 1816.
Il dominio dei conti di Montefeltro, famiglia celebre nelle armi, nel reggimento politico e nel mecenatismo, fu acremente contrastato dai Malatesta, dai Faggiolani, da Cesare Borgia.
Con la morte di Guidobaldo (1508), la famiglia feltresca si estinse. Al ducato successe il nipote del predetto, Francesco Maria I Della Rovere buon guerriero e politico, notoriamente impulsivo e irruento. Alla morte di Papa Giulio II Della Rovere (1513), il successore Leone X de' Medici utilizzò, per investire del ducato il nipote Lorenzo de'Medici, un sanguinoso avvenimento, l'assassino del Cardinale Alidosi, commesso da Francesco Maria I a Ravenna, nel 1511.
Nel 1516 Lorenzo de'Medici si impadronì di San Leo dopo mesi di dure lotte. L'assedio di San Leo meritò la descrizione dei migliori storici e scrittori del tempo, primo fra tutti il Guicciardini che fu fra i comandanti delle truppe assalitrici. Più tardi (1557-8), il Vasari raffigurò l'assedio in un dipinto che, tuttora, è visibile nella sala di Leone X a Palazzo Vecchio in Firenze.
Alla morte di Lorenzo de' Medici (1519), Leone X concesse la Contea Feretrana, col capoluogo San Leo, alla Repubblica Fiorentina. Risale a quell'epoca il Palazzo Mediceo. Esso venne edificato tra il 1517 e il 1523, al fine di ospitare il Governatore di San Leo e del Montefeltro per conto della Repubblica Fiorentina. Veniva a coronarsi uno dei sogni dello Stato Fiorentino, quello di affacciarsi, con la sua estensione territoriale, sul versante adriatico dell'Italia centrale.
Il Palazzo presenta un impianto tipicamente rinascimentale, organizzato intorno alle stanze di rappresentanza del piano terreno, riportate alla dimensioni originarie nel restauro conclusosi nel 1995. Il portale a tutto sesto è contornato da una ghiera in bugnato liscio, secondo l'uso toscano; le finestre sono incorniciate da profili mistilinei in arenaria locale.
Lo stemma della Città di Firenze, con il Giglio, è scolpito in una pietra che reca la data del 1521; in facciata è collocato, inoltre, lo stemma di Papa Giulio II Della Rovere (all'esterno è visibile una copia dell'originale che è oggi nella sala del Teatro).
I Della Rovere, tra la fine del '500 e gli inizi del '600, ampliarono il Palazzo, aggiungendo la sala del Teatro, la quale presenta una copertura a volta impostata su peducci con l'emblema parlante della famiglia ligure (il caratteristico rovere dai rami intrecciati); in origine, essa era arredata da una gradinata lignea, da sipari mobili e macchine sceniche.
A Francesco Maria II Della Rovere si deve anche la costruzione, risalente ai primi dei '600, del Palazzo Roveresco (oggi sede del Municipio), movimentata da un solido portale in bugnato e da finestre sormontate da articolati frontoni; nella sala maggiore è collocato un artistico camino in pietra.
Alla morte di Francesco Maria II Della Rovere (1631), in mancanza di discendenti maschi, il ducato viene devoluto al dominio diretto della Chiesa, la quale lo tenne, con alterne vicende, fino al 1860, utilizzando la fortezza come prigione di stato e la città come sede di guarnigione.