Castello del Buonconsiglio

Trento

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Nel 1027 l'Imperatore Corrado II il Salico, donò alla Chiesa di Trento il Comitato Tridentino. Il territorio divenne così un feudo vescovile incorporato nel sacro Romano Impero, e tale rimase fino all'epoca napoleonica (1803). A Trento, divenuta una roccaforte imperiale, venne costruito, nella prima metà del Duecento, sul rilievo roccioso denominato del "Malconsey", il nucleo originario del castello. Qui si insediò Sodegerio di Tito, podestà della città tra il 1239 ed il 1255. Dopo di allora il castello divenne sede dei principi vescovili trentini, a cominciare da Egnone di Appiano (1248-1273) fino al 1796, data di arrivo dei soldati napoleonici con la conseguente secolarizzazione del Principato. Composto da diversi corpi di fabbrica addossati alle duecentesche mura della città, il castello si svuluppò attorno alla cosiddettà "torre di Augusto", mastio circolare di notevole altezza. Il nucleo più antico del maniero, chiamato "Castelvecchio", subì numerosi interventi di rinnovamento verso il 1400, ad opera di Giorgio di Liechtenstein (1390-1419) che fece inoltre decorare le pareti della sala principale di "Torre Aquila" con gli splendidi affreschi della "serie dei Mesi, una delle testimonianze più rare e preziose della pittura medievale di tema profano.
Con Giovanni Hinderbach (1465-1486) il castello fu nuovamente restaurato ed abbellito con la costruzione di un nuovo cortile (1475) dotato di quattro ordini di loggiati sovrapposti e della caratteristica "loggia veneziana", polifora gotica dalla quale la vista spazia sulla città e sulla vallata. Ma fu soprattutto mezzo secolo dopo che Bernardo di Cles, principe vescovo dal 1514 al 1539, rinnovò profondamente il castello edificando, accanto all'edificio medievale, un maestoso palazzo rinascimentale detto "Magno Palazzo". Iniziato nel 1528, venne inaugurato nel 1536 in occasione della visita del re Ferdinando I d'Asburgo e della regina Anna d'Ungheria. La nuova residenza era davvero degna di un principe rinascimentale, abbellita da superbe decorazioni pittoriche e scultoree dovute ai più rinomati artisti dell'epoca, quasi tutti provenienti dall'ambito culturale del Rinascimento italiano. Questi lavori fecero del castello non solo il maggior complesso monumentale della regione atesina, ma anche una delle più belle residenze principesche d'Italia.
I vasti cicli pittorici, tutti restaurati negli ultimi anni, furono affidati a Gerolamo Romanino di Brescia, Dosso e Battista Dossi, pittori di corte a Ferrara ed al veneto Marcello Fogolino. Dal 1531 al 1532 questi artisti decorarono in maniera splendida numerose sale del castello con temi tratti dalla mitologia, dalla storia e dalla vita di tutti i giorni. Capolavoro del Romanino sono i dipinti della "loggia del cortile" con l'ardita raffigurazione della corsa di Fetonte sul carro del Sole attorniata da lunette con scene bibliche, profane e di storia romana. Altrettanto ricca la decorazione della "camera delle udienze", sempre del Romanino, con la maestosa figura del cardinale Bernardo Cles, imperatori romani, monarchi di casa d'Austria ed i ritratti di Carlo V e Ferdinando I d'Asburgo. A Dosso sono invece dovuti gli affreschi delle adiacenti "camera del camin nero" e della "stua della famea", con la rappresentazione delle favole di Fedro. Ma l'attività più estesa nel tempo fu quella di Marcello Fogolino che dipinse nel cortile di "Castelvecchio", intorno al 1535, un grande affresco con Carlo Magno, i dignitari della sua Corte ed i vescovi di Trento. Altro suo importante ciclo è quello del primo piano del torrione con imperatori romani a cavallo e storie di Cesare. Numerosi altri artisti lavorarono per Bernardo di Cles come ad esempio il volterrano Zaccaria Zacchi per le sculture in terracotta, Alessio Longhi per quelle in marmo ed i padovani Vincenzo e Gian Girolamo Grandi, attivi anche come bronzisti. Non va dimenticato infine Bartolomeo Dill Riemenschneider, unico artista di cultura tedesca, che probabilmente decorò con scene di caccia (intorno al 1530) la suggestiva "torre del falco". Tra il 1686 e il 1688 il palazzo clesiano subì un ampliamento ad opera del vescovo Francesco Alberti Poja che fece erigere una nuova ala di congiunzione tra il "Magno Palazzo" e "Castelvecchio". Le nuove sale furono decorate con stucchi, affreschi, soffitti lignei e tele.
Dopo la secolarizzazione del Principato il castello ebbe un periodo di degrado. Pesanti maomissioni furono operate nell'Ottocento, quando era utilizzato come caserma. Nel 1916 fu la sede del processo agli irredentisti Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa, tutti condannati a morte. I primi due furono impiccati il 12 luglio nel cortile alle spalle del castello (chiamato poi "Fossa dei Martiri"). Negli anni Venti iniziarono i lavori di restauro di tu o il complesso che oggi mostra ancora il suo originario splendore. Già sede del Museo nazionale, è ora la sede principale del Museo provinciale d'Arte che comprende inoltre i castelli di Stenico, Beseno e Thun. Conserva numerose ed interessanti collezioni che vanno dalla preistoria alla metà del secolo XIX e documentano la storia e l'arte di tutto il territorio trentino.