Abbazia cistercense di Chiaravalle Milanese
Chi esce da Milano per Corso Lodi e Piazzale Corvetto e s'incammina verso la campagna imboccando via S. Dionigi, percorse poche centinaia di metri, scorge all'orizzonte la cuspide di un campanile, svettante oltre il profilo dei pioppi. A mano a mano che il viaggiatore avanza in quella direzione, vede il campanile liberarsi della cortina verde e rivelarsi progressivamente in tutta la sua grandiosa imponenza. E' la cupola-torre che sovrasta la chiesa Abbaziale di Chiaravalle e che, in mezzo agli edifici adiacenti del monastero, crea l'immagine suggestiva di una cittadella di Dio dominante l'ubertosa campagna milanese.
L'Abbazia di Chiaravalle deve la sua origine alla generosità e alla gratitudine dei milanesi verso S. Bernardo, il grande abate francese di Clairvaux; siamo agli inizi del XII secolo.
Trascinata nel groviglio delle lotte che da anni fomentano il contrasto tra il potere civile e quello religioso, Milano si è schierata con il primo e segue l'obbedienza dell'antipapa. Ma, stanca di queste lotte e delle discordie che ne derivano tra i suoi stessi cittadini, decide di ravvedersi e riconciliarsi con il legittimo pontefice Innocenzo II°. A questo fine invoca la benedizione del grande abate cistercense di Clairvaux.
Il Papa invia San Bernardo con l'Arcivescovo di Pisa quale delegato per trattare la riconciliazione dei Milanesi con la Chiesa. L'arrivo di San Bernardo è salutato dai Milanesi con manifestazioni di giubilo e ravvedimento. Il santo monaco predica nelle chiese e sulle piazze. I Milanesi fanno pubblica ammenda e ritornano all'obbedienza verso il loegittimo pontefice, sconfessando l'antipatia e destituendo l'Arcivescovo di Milano, Anselmo della Pusterla, che li aveva trascinati nello scisma. Quindi, in segno di riconoscenza, i Milanesi offrono al santo abate la cattedra vescovile di Milano e poiché S. Bernardo umilmente quanto fermamente declina l'offerta, i Milanesi, volendo sdebitarsi ad ogni costo, fanno voto di costruirgli un monastero del suo ordine della loro terra. Il nobile Archinto offre il terreno e una generosa colletta procura i fondi per le spese. L'anno seguente, nel 1135, iniziano quindi i lavori di costruzione.
Varcato il portone d'ingresso, la chiesa si presenta al visitatore in una visione di sintesi, in fondo al grande piazzale; sola nota stonata il pronao classicheggiante, residuo di ben più vasta contaminazione, che sta al quadro genuino del monumento come uno sgorbio sul frontespizio miniato d'un codice antico. La chiesa infatti esprime nelle sue linee l'armoniosa fusione del gotico (archi e finestre ogivali) sul romanico predominante (arco a tutto sesto).
La torre-cupola che si slancia agile e snella nella sua forma ottagonale sulla crociera è prettamente romanico-lombarda e risulta composta di parecchie logge sovrapposte in ordine decrescente verso l'alto, fino all'estrema cuspide conica che sopporta la croce.
Numerose bifore, trifore e quadrifore variamente intercalate e sorrette da eleganti colonne di marmo bianco, tra le quali traspare l'azzurro, le conferiscono la leggiadria aerea di un opera di traforo.
L'interno della chiesa colpisce subito per la maestosa fuga prospettica delle otto coppie di pilastri che sostengono la volta a crociere cordonate e delimitano le tre navate.I grossi pilono cilindrici sono una caratteristica dello stile borgognone-cistercense. La parte interna della facciata narra in un grande affresco il gesto generoso delle autorità e del popolo milanese che offrono l'abbazia a S. Bernardo. Questo affresco, come quelli che si ammirano più avanti sopra gli stalli del coro e nel transetto, sono opera dei fratelli Della Rovere, detti i "Fiamminghini". Il coro, addossato agli ultimi due archi, è opera di Carlo Garavaglia (secolo XVII) e consta di due ordini di stalli riccamente intagliati nel noce e popolati di graziosi putti che fungono da cariatidi, mentre lo schienale di ogni stallo è ornato di un pannello, scolpito in alto-rilievo con minuzia di cesello, ciascuno dei quali illustra un episodio della vita di S. Bernardo.
Sui pilastri, creati dall'intersezione della navata centrale con il transetto, poggia il tiburio ottagonale, le cui pareti recano affrescate le glorie di Maria, opera di ispirazione e fattura giottesca del secolo XIV.
Sulle pareti del braccio sinistro del transetto figurano grandiose scene di martirio dei monaci in Polonia, il martirio di S. Bernardo di Poblet (Spagna), l'assassinio dell'arcivescovo Tommaso Becket di Canterbury, trucidato nella propria cattedrale dai sicari di Enrico II.
Presbiterio - Altare maggiore
Praticamente è costituito dalla settima campata sull'asse principale della chiesa; senza curvatura alcuna. E' la zona principale, Altare Maggiore, quindi più illuminata della chiesa. Riceve infatti luce da tutti e quattro i lati: dal fondo piano dell'abside ove tre lunghe finestre ad arco a pieno centro sono sormontate da tre oculi, dai due finestroni ai lati nord e sud e dalle stesse finestre della cupola. Altare Maggiore: è quasi addossato alla parete di fondo.
Cattedra abbaziale, nel lato destro: finissimo lavoro di intarsio, opera del maestro tedesco Gottardo (1576). Al vertice della cimasa, S. Pietro con le chiavi del potere; nel riquadro centrale del timpano, stemma dell'abbazia (cicogna con pastorale); negli scomparti dei postergali: al centro la Vergine che allatta, a sinistra S. Bernardo col modello della chiesa ed a destra S. Benedetto con la regola, lo staffile ed il pastorale. Sull'architrave una scritta che si traduce in: "slacciatevi i calzari che è il luogo santo". Nei quattro spicchi della volta furono affrescati i quattro Evangelisti e relativi simboli, forse da Bernardino Gatti detto il Sojaro. Sulle pareti laterali: a sinistra "Adorazione dei pastori", con S. Bernardo dormiente, oltre il finestrone; e a destra, "Madonna del latte" con S. Bernardo orante, sul cui inginocchiatoio è la data 1616. Sono tutte opere dei Fiamminghini.
A sinistra si nota un bel Padreterno con lo Spirito Santo (la colomba) che sovrastava il tabernacolo ove si conservava l'Eucarestia.
L'ala destra del transetto presenta, affrescato sulla parete dirimpetto alla cantoria, l'albero genealogico religioso della grande famiglia benedettina, di cui l'Ordine Cistercense è il ramo più cospicuo.
Lungo questa parete corre la grande scalinata che porta al dormitorio dei monaci, secondo la costante tradizione cistercense.
Alla sommità di questa scala, sulla parete del pianerottolo, è raffigurata la Vergine assisa in trono con il bambino. L'affresco è opera di Bernardo Luini (1512). Questa Madonna dallo sguardo pensoso e dal sorriso dolcemente melanconico pare ricambiare il saluto che il monaco le rivolge ogni volta che entra in chiesa. Notevoli, sempre in transetto, le cappelline che fiancheggiano il presbiterio. La prima, incominciando da sinistra, reca sull'altare una tela raffigurante la crocifissione, opera dei fratelli Campi di Cremona.
La seconda è dedicata a S. Stefano, che figura nella pala dell'altare. La terza è la cappella del rosario, i cui misteri sono rappresentati sulle pareti e sulla volta, elegantemente incorniciati da stucchi dorati da Giuseppe Pellegrino nel 1700, mentre la pala dell'altare che rappresenta la Natività è del 1500 e di scuola leonardesca. Procedendo alla destra del presbiterio, incontriamo la cappella di S. Bernardo; quindi la cappella con affreschi illustranti la vita di Cristo, restaurata nel 1959.
Sull'altare in luogo della pala appare un'intelaiatura vuota che racchiudeva, fino alla vigilia della 1° guerra mondiale, la famosa tavola di Donato Bramante "Cristo alla Colonna", ospitata ora alla Pinacoteca di Brera per ragioni di sicurezza.
L'ultima cappellina è dedicata a S. Benedetto; affrescata nel 1754 da un certo Ferrari, è stata recentemente restaurata e arricchita di una tela, raffigurante S. Benedetto nello speco, del pittore Labò.
La porta che si apre sul fondo di quest'ala del transetto immette nella sacristia, formata da due campate e da un'abside semiottagonale, costruita nel 1400 e restaurata nel 1708; la porta invece che si apre nella parete analoga del transetto opposto dà accesso al cimitero, dove si possono vedere in discreto stato di conservazione alcune cappelle funerarie, dove riposavano le spoglie di illustri personaggi appartenenti alle famiglie degli Archinti, dei Della Torre, Guglielmina di Boemia.