Monte Grappa: Sentiero delle Meatte (storia)
La Val delle Mure:
Nel 1917 la Val delle Mure fu una delle zone più devastate dalla guerra. Le truppe italiane combattevano in alto sulla cresta, ma i rifornimenti e i feriti dovevano passare per la valle. Questa rischiosa situazione si protrasse per tutto il conflitto, provocando innumerevoli vittime. Sono ancora visibili i sentieri che salgono alle prime linee sulla cresta, seminascosti, per sfuggire, dove possibile, all'occhio nemico. Le truppe austroungariche tennero con incredibile tenacia le posizioni anche durante l'offensiva italiana di Vittorio Veneto. Si ritirarono con grandissime perdite solo quando l'avanzata italiana su Feltre e Belluno rese insostenibile una ulteriore resistenza.
Gli approvvigionamenti:
Un servizio approvvigionamenti efficiente non è decisivo solo per l'andamento dei combattimenti ma influisce in maniera determinante sul morale del soldato al fronte e ne condiziona il rendimento. I disservizi della sussistenza e il mancato arrivo di materiale non potevano avere conseguenze diverse da quelle catastrofiche che si verificarono durante l'offensiva austriaca del 14 giugno 1918 allorché, dopo i primi e in parte notevoli successi, agli austriaci vennero a mancare proprio i rinforzi. Così fu annientata la punta d'attacco e numerosi soldati furono presi prigionieri. Già solo per le difficoltà derivanti dall'asperità del terreno la guerra in montagna richiedeva sforzi superiori sia ai servizi tecnici, imegnati a creare i collegamenti tra il fondovalle e il monte, sia al singolo soldato, fosse egli portatore, conducente di muli o addetto sanitario. Particolarmente importante era assicurare il rifornimento d'acqua alle truppe e questo richiese degli sforzi notevoli. I punti più importanti di approvvigionamento erano a S. Liberale, Col Campeggia, Madonna del Covolo, Caniezza, Borso del Grappa. Efficienti impianti di pompaggio sollevavano l'acqua che veniva trasportata a Cima Grappa mediante lunghe tubature in due serbatoi incavernati, da 110.000 litri l'uno e 50.000 litri l'altro. Un ulteriore serbatoio da 110.000 litri era collocato nella Galleria Vittorio Emanuele. Oltre a numerose piccole cisterne c'erano anche altri importanti serbatoi a Cason di Meda (20.000 litri) e presso l'Archeson (150.000 litri).
Nell'ottobre 1918 le stazioni di pompaggio fornirono ai settori sulle alture oltre un milione di litri d'acqua al giorno (maggiori difficoltà incontrarono gli austriaci).
Approvvigionare il settore destro si rivelò particolarmente arduo perché l'acqua doveva essere pompata dal basso, dal Canale del Brenta; quindi, dalle stazioni, l'acqua da distribuire veniva affidata a dei portatori.
La razione quotidiana era una borraccia a testa, sempre che i portatori riuscissero a raggiungere le postazioni.

Tratto da: "Grappa Quel Monte Invalicabile" - W. Schaumann

La Trincea:
Il comandante di compagnia e i comandanti di plotone stabilivano il tracciato della linea, le opere di fiancheggiamento e gli ostacoli, il profilo dei ripari, la distanza e il numero delle traverse e altre opere complementari; infine indicavano l'andamento dei camminamenti.
La trincea doveva adattarsi al terreno, seguendo un andamento irregolare, in linea retta per ottenere il fiancheggiamento, cioè poter colpire la posizione nemica di fianco, nel senso della sua maggior lunghezza. Il percorso non doveva, quindi, avere punti con angoli troppo acuti. Le sporgenze lungo il percorso della trincea erano postazioni per le mitragliatrici o piccoli mortai per un tiro di "fiancheggiamento assoluto". Su molte trincee si può ancora scorgere la traccia dello scalino che serviva ai soldati per appoggiarsi per il tiro radente. Talvolta sul gradino si teneva pronto uno scudo d'acciaio da mettere a posto sul parapetto per riparare il tiratore.
La larghezza della trincea non doveva essere più larga di quanto occorreva al soldato in completo assetto per passare senza difficoltà.
Ogni 20-30 metri veniva scavata nella parete una nicchia dove i soldati potevano scansarsi per non intralciare il trascporto dei feriti. Per ripararsi dalla pioggia, dal vento e dalla neve, si adoperavano tavole rivestite di carta catramata, poi ricoperte di terra e sistemate in modo da poterle togliere con rapidità. Ad ogni tratto di 10 metri coperto, doveva seguirne uno di 20 metri scoperto. Per tenere asciutta la trincea, si provvedeva allo sfogo dell'acqua con piccoli canali in lieve ma continua pendenza. Le norme del comando della Quarta Armata indicavano che i ricoveri fossero scavati nelle scarpate di trincea con l'entrata mai rivolta al nemico e ad una certa profondità sotto il parapetto.
La scarpata interna della trincea, che doveva essere molto ripida, era rivestita con tavole, graticci, reti metalliche e pali.
A 30 metri dalla trincea venivano infine posti degli ostacoli: i reticolati erano i più efficaci. Per non danneggiare o impedire il tiro, i reticolati erano disposti all'altezza di circa un metro, fissati su paletti con filo di ferro poco teso e non troppo intrecciato. Se la vicinanza dei nemici impediva di costruire un reticolato efficiente, si gettavano durante la notte, davanti alle trincee, dei cavalli di Frisia ancorati tra loro. Venivano preparati anche campi minati con speciali granate munite di spoletta a frizione, fissate su appositi paletti per evitare di rovinare gli ostacoli.

Tratto da: www.lagrandeguerra.it